martedì 30 aprile 2013

Il porto delle nebbie


Il numero 14 del Radiogiornale riporta un’interessante intervista di Giacomo Carioti a Lucia Catanesi, Sindaca di Marta. Tema: il nuovo porto di Marta, il “più grande del lago”. Obiettivo: chiarire alcune domande fondamentali dei cittadini a proposito del progetto e della sua sostenibilità. Mentre le risposte di Lucia Catanesi elucidano alcuni punti, allo stesso tempo sollevano altri importanti interrogativi.

Vorremmo proporre alcune osservazioni fondamentali:


- Lucia Catanesi ha dichiarato che il progetto del porto è contenuto nell’APQ5 (Accordo di Programma Quadro “Difesa del Suolo e Tutela della Costa”). Andiamo a leggere le sue finalità e obiettivi (Art. 1, comma 2): “L’accordo è finalizzato a dare attuazione al seguente obiettivo specifico di settore e d’area: la rimozione e l’abbattimento del rischio idraulico e/o gravitativo per persone, cose e infrastrutture mediante sistemazione idraulica di corsi d’acqua e consolidamenti di versante situati in zone antropizzate o di particolare valenza; difesa e recupero delle aree costiere soggette a forti fenomeni erosivi volta alla valorizzazione del territorio, al miglioramento della fruibilità del litorale, alla protezione dei centri urbani costieri.”


In particolare, l’intervento riguardante il Comune di Marta è definito “Riordino dell’area lacuale all’incile del Marta”, con tipologia “Difesa delle coste” ed è finanziato con fondi del bilancio della Regione Lazio (annualità 2007 / 2009), di complessivamente 2 milioni di Euro. Nella relazione tecnica l’opera è descritta sinteticamente come “Realizzazione di opera di difesa dell’incile dal moto ondoso che causa insabbiamento della darsena esistente, miglioramento dell’opera di deflusso ed eventuale rifacimento delle strutture a servizio delle attività di pesca.”

I fondi previsti dall’APQ5 sono destinati esclusivamente a queste opere; non è prevista la realizzazione di un porto turistico. Che sia avvenuto un passo successivo amministrativo, una modifica degli obiettivi dell’APQ5 - da opera di difesa della costa a porto turistico? Sarebbe importante conoscere i dettagli di questo cambiamento del progetto.


- Per tali opere (“difesa delle coste …”), la Regione, considerando l’urgenza e l’importanza della protezione del territorio dai rischi idrogeologici e dai fenomeni erosivi delle coste, “garantisce” se pure in modo vago e sommario le condizioni di sostenibilità ambientale (Legge regionalen.27 del 28 dicembre 2006 di approvazione della Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2007, ai sensi dell’art. 63 comma 2 lettera d). Queste premesse non sussistono per la realizzazione di un porto turistico, dove sono necessarie valutazioni d’incidenza ambientale (“sicuramente prioritarie e preliminari” secondo Lucia Catanesi) e un regolare bando d’appalto, poiché un porto turistico ha un impatto ben maggiore sull’ambiente di una semplice opera di difesa del suolo, e un’urgenza ben minore. Anche su questa valutazione d’incidenza, se è stata fatta, o anche se non è stata fatta, sarebbe importante conoscere i dettagli.


- Lucia Catanesi deplora l’assenza di “una normativa a livello provinciale, regionale, e addirittura nazionale […] dei limiti coerenti e rigorosi su tutti gli aspetti di maggiore importanza e preoccupazione: 1) il numero massimo dei natanti ammissibili nel lago; 2) il divieto di navigazione per i motori considerati inquinanti; 3) la massima potenza dei motori e la massima lunghezza delle imbarcazioni …”

Sappiamo invece, che queste norme sono contenute nelle “Misure di conservazione e relativo Piano di Gestione (PdG) per la tutela della ZPS “IT6010055 Lago di Bolsena, Isole Bisentina e Martana” e dei SIC in essa inclusi “IT6010007 - Lago di Bolsena” e “IT6010041 - Isole Bisentina e Martana””, presentate in aprile 2009, discusse ampiamente con i Comuni, e approvate dalla Provincia nella primavera dell’anno 2010 (per renderle operative manca l’avvallo della Regione). Le “Misure di conservazione …” sono state elaborate dall’Università Roma 3 e dalla società specializzata Lynx Ambiente, e si basano su precise linee guida dello Stato Italiano e dell’UE.

Anche se manca ancora il passo a una normativa vera e propria: anticipando (nel senso di una tutela coscienziosa dell’ambiente) questo passaggio obbligato, si possono condensare linee guida dal PdG che propone “come misura immediata, la limitazione del numero delle barche (oggi in principio illimitato) a meno di mille in tutto il lago, e della potenza dei motori a meno di 40 cavalli”.


- Quanto al “censimento rigoroso di tutte le imbarcazioni autorizzate a navigare nel lago: senza questo passaggio preliminare ogni altra azione è destinata al fallimento” (L. C.): perché, se è così importante, non è stato fatto dai comuni, e dal Comune di Marta? A Capodimonte, l’associazione “La Porticella” ha pubblicato un censimento delle imbarcazioni per l’agosto del 2010 - solo a Capodimonte erano posteggiate più di 400 barche a motore (delle quali più di 100 in posti abusivi), con una potenza media di quasi 100 cavalli (Lo stato di salute del Lago di Bolsena. Rapporto della Porticella, dicembre 2011). È evidente: con limiti “coerenti e rigorosi” (L. C.) il Lago, anche senza il nuovo porto di Marta, è saturo di barche a motore.


- Le leggi sulla trasparenza nell’amministrazione pubblica (riassunte e aggiornate nel d.lgs. 33/2013 G.U. 5.4.2013) richiedono la pubblicazione completa e tempestiva, sul sito dei comuni, della Provincia e della Regione, di tutti i documenti riguardanti tutti i progetti in via di definizione o realizzazione nei comuni. Sul sito del Comune di Marta non c’è traccia dei documenti riguardanti il porto. Inoltre, le leggi richiedono esplicitamente la consultazione formale dei cittadini su tutti i progetti; il mancato coinvolgimento può significare l’illegittimità di tutto il procedimento.

 

Considerando tutti questi punti, una pausa di riflessione e di discussione trasparente e pubblica (con tutti i Comuni del comprensorio e i loro cittadini) ci sembra necessaria. Terminata l’opera di difesa dell’incile, interroghiamoci: i pochi fondi disponibili, vogliamo impiegarli con priorità per la realizzazione di un porto turistico, oppure per la difesa della salute del Lago e dei cittadini?

martedì 23 aprile 2013

BREVE RELAZIONE SULLE CRITICITA’ AMBIENTALI DEL LAGO DI BOLSENA


Lettera aperta dei sostenitori della petizione Salvalago
 


Esempio di sversamento di liquame

 
Al presidente della Giunta Regionale del Lazio
Nicola Zingaretti
All’Assessore all’Ambiente
Fabio Refrigeri
Al Presidente della Commissione Ambiente
Enrico Panunzi
Al Capogruppo Per il Lazio
Riccardo Valentini
 Al Consigliere
Daniele Sabatini
All’Assessore all’Ambiente della Provincia di Viterbo
Paolo Equitani
 
LA DISASTROSA SITUAZIONE DEL COLLETTORE FOGNARIO CIRCUMLACUALE DEL LAGO DI BOLSENA

L’attuale stato di collasso del collettore fognario circumlacuale è dovuto alla lunga carenza di manutenzione. Il consorzio pubblico COBALB che lo gestisce non riceve più né i contributi regionali, né parte delle entrate per i servizi resi che sono riscossi dalla TALETE. Il debito verso i fornitori ammonta a circa 1,7 milioni di euro. Per la legge Galli il COBALB dovrebbe confluire in TALETE, ma TALETE non vuole aggiungere quel debito al proprio debito e così siamo arrivati a fine corsa: il COBALB alla fine di maggio sarà costretto a cessare la propria attività per fallimento. Sulla vicenda il Funzionario dell’Assessorato all’Ambiente Arch. Maggi può fornire ampi dettagli.

 La situazione del COBALB è divenuta insostenibile: i fornitori non fanno più credito i ricambi sono esauriti, e sempre più frequentemente si verificano sversamenti di liquami nel lago, come ad esempio quello della foto nella prima pagina. Attualmente il collettore, usando tutte le pompe rimaste funzionanti, incluse quelle di soccorso, ha una portata di 400 m3/ora (salvo probabili e temuti guasti), ma fra poche settimane, durante la stagione estiva, la portata necessaria sarà di 750 m3/ora. Ammesso e non concesso che qualcuno mantenga in funzionamento il collettore, è facile immaginare dove finirà l’esubero e quali saranno gli effetti sul turismo, unica risorsa locale.

A causa delle disastrose condizioni del collettore lo stato ecologico del lago sta degradando. La concentrazione di fosforo è aumentata del 60% in cinque anni, ossia da 8 a 13 µ/l. La normativa della Comunità Europea dispone che lo stato dei laghi classificati nel 2008 “sufficiente” (come il nostro) migliori a “buono” entro il 2015, altrimenti scatteranno delle pesanti penalità. Anche sotto questo aspetto è facile immaginare come finirà.

Nell’agosto del 2011 alcune associazioni ambientaliste organizzarono la petizione SALVALAGO, che rapidamente raccolse oltre 13.000 firme, per chiedere alla Regione Lazio il finanziamento per la ristrutturazione del sistema fognario lacuale. La Regione inserì e approvò nel bilancio  2,5 milioni di euro per l’anno 2012 e altri 1,5 nel 2013. Ma poi la Giunta Polverini ha dato le dimissioni ed è finita nel modo che sappiamo.

Occorre che il finanziamento previsto in bilancio venga confermato e che venga anticipato un immediato finanziamento per tamponare la situazione di emergenza prima della stagione estiva.


ARSENICO e FLUORURI

Si da per noto che nella rete dell’acqua potabile della provincia di Viterbo, sono presenti sostanze cancerogene quali l’arsenico ed i fluoruri. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha raccomandato dal 1992 di limitare il contenuto di arsenico a 10 milionesimi di grammo per litro e quello dei fluoruri a 1,5 millesimi di grammo per litro. Sono trascorsi 20 anni da queste raccomandazioni, successivamente divenute di legge, ma nella maggior parte dei comuni della Provincia di Viterbo le anzidette sostanze superano ampiamente i limiti prescritti. Oltre ai danni alla salute i cittadini di tutto il Lazio rischiano di pagare le multe comunitarie. 

Le possibili soluzioni per diluire l’acqua della rete o per usarla direttamente sono tre: l’acqua del lago di Bolsena; l’acqua di falde caratterizzate da un basso contenuto di contaminanti di origine naturale, recentemente individuate dall’Università della Tuscia nella zona dei Monti Cimini, e il trattamento chimico. Ciascuna soluzione non esclude le altre.

Il lago di Bolsena ha un contenuto di arsenico che rientra nei parametri della potabilità, ma il contenuto dei fluoruri è al limite per cui deve essere fatto un esteso campionamento per valutare la fattibilità di questa soluzione che, essendo di fondamentale importanza, deve essere definita subito.

La proposta dall’Università della Tuscia deriva dalla constatazione che il contenuto dei contaminanti di natura geologica non hanno una distribuzione omogenea nei diversi acquiferi presenti nelle formazioni vulcaniche. Pertanto occorre procedere allo studio per valutare la potenzialità e la distribuzione di queste risorse idriche sotterranee meno interessate dai contaminanti di origine naturale e stabilire un piano prelievi.

I depuratori sono costosi sia per l’acquisto che per la manutenzione, ma hanno il vantaggio di poter essere ubicati in tempi brevi in vicinanza delle zone dove occorre la diluizione evitando di costruire una complessa rete di distribuzione per raggiungere le fonti di approvvigionamento da diluire. Rappresentano comunque una soluzione temporanea.

Quanto sopra costa diecine di milioni di euro che finiranno nelle bollette dei viterbesi. Trattandosi di acqua pubblica, sarebbe equo che la tariffa dell’acqua fosse uniforme per tutto il Lazio e non calcolata a zone ATO, con conseguente vantaggio di alcuni e svantaggio di altri penalizzati dalle condizioni ambientali.

E’ inoltre essenziale che non vengano concessi permessi per lo sfruttamento geotermico con pozzi che attraversano le falde contenenti potenziali acque destinate alla rete idrica. Ciò aumenterebbe grandemente il rischio di inquinamento di arsenico e di altre sostanze indesiderate.

ASSENZA DI TRASPARENZA DELLE INFORMAZIONI AMBIENTALI RELATIVE AL LIVELLO DEL LAGO

Il livello del lago è gestito dall’ARDIS tramite la regolazione delle paratie all’incile la cui apertura determina il deflusso di acqua dal lago nell’emissario. La loro gestione è stata fino ad ora assai criticabile. Nell’autunno dello scorso anno il livello del lago è sceso al punto che il battello pubblico non poteva uscire dal porto di Bolsena, attualmente il livello è aumentato fino a danneggiare il litorale di Bolsena ed allagare i serbatoi di accumulo delle stazioni di pompaggio del collettore circumlacuale, le cui le pompe stanno girando per pompare acqua del lago nel lago, con spreco di energia elettrica, deterioramento delle pompe e probabile contaminazione di liquami.

La giustificazione dell’ARDIS è che ad una anomala siccità ha fatto seguito una pioggia eccezionale. Secondo noi la gestione delle paratie è stata inadeguata alle circostanze. La nostra Associazione, avendo partecipato alla realizzazione del Piano di Gestione del SIC-ZPS lago di Bolsena, specificamente per la parte idrologica, riteneva di avere abbastanza titolo per fare osservazioni e dare alcuni suggerimenti che avrebbero evitato quanto accaduto.

In particolare abbiamo anticipatamente contestato la programmazione del livello perché impossibile a realizzare, la mancata apertura delle paratie a novembre quando è iniziata la pioggia, l’errata quota della soglia d’incile rispetto al mare, l’errato posizionamento dell’idrometro rispetto alla soglia d’incile, la mancata tempestiva apertura delle paratie dopo le proteste dei comuni rivieraschi, la mancata risposta alla nostra richiesta di essere presenti durante una delle manovre delle paratie. Siamo stati ostentatamente ignorati, a parte una mail dilatoria, di apparente cortesia, senza alcuna delle informazioni richieste: il classico muro di gomma.

Non è questa la sede per polemizzare su come dovevano essere gestite le paratie (ma lo faremmo molto volentieri su qualificata richiesta) vorremmo invece mettere in evidenza che il danno materiale e ambientale provocato dalla errata gestione delle paratie è il risultato della mancata trasparenza e dell’insofferenza nei confronti delle associazioni di volontariato ambientalista.

Ciò è in contrasto con la convenzione di Aarhus e le leggi che ne derivano, che attribuiscono al pubblico l’accesso alle informazioni ed ai processi decisionali in materia ambientale. Il cittadino non deve restare all’oscuro delle decisioni prese dalla Dirigenza Tecnica e Amministrativa che invece deve obbligatoriamente offrire tutti gli elementi di valutazione, in particolare alle associazioni che operano per la tutela dell’ambiente.

Poiché la trasparenza è vanto della nuova Amministrazione Regionale sarebbe opportuno che fosse spiegato all’ARDIS che le leggi che riguardano il diritto di informazione ambientale devono essere osservate.

 

                                                                                                                                             18/04/2013

martedì 9 aprile 2013

Gli alberi non hanno nessuno che li protegge?


In aiuto agli alberi, spesso maltrattati da queste parti, viene una recente legge (legge 14 gennaio 2013 n.10, “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani”, pubblicata in G.U. 01.02.2013. Nel suo articolo 7 riporta le “disposizioni per la tutela e la salvaguardia degli alberi monumentali, dei filari e delle alberate di particolare pregio paesaggistico, naturalistico, monumentale, storico e culturale”. Stabilisce che, entro sei mesi dall'entrata in vigore, i comuni devono identificare principi e criteri per il censimento degli alberi monumentali nel proprio territorio e fornire questa informazione alla rispettiva Regione.

 Invitiamo tutti a individuare alberi, filari e alberate di particolare pregio e di comunicarli ai comuni, perché li includano nell’elenco da redigere!



Questa legge avrebbe dovuto proteggere anche gli alberi nelle foto, che hanno subìto la capitozzatura (in una forma particolarmente brutale), la “più dannosa tecnica di potatura degli alberi” come spiega la Società Italiana diArboricoltura nel suo eccellente volantino.

La capitozzatura è il taglio indiscriminato del fusto, delle branche primarie o di grossi rami. Nel passato, questa tecnica poteva avere uno scopo preciso colturale, per esempio per ridurre la chioma ombreggiante degli alberi di sostegno della vite “maritata” nelle colture miste tradizionali, oppure per costringere il salice e simili ad emettere lunghi getti annuali utilizzati dai cestai. Venuti a meno questi motivi, la capitozzatura non è il modo adeguato per ridurre l’altezza dell’albero o la dimensione della sua chioma. Invece danneggia lo stato di salute generale della pianta: la ferisce e l’esaurisce, la rende sbilanciata e pericolosa; la può persino uccidere. È più costosa di una corretta potatura, poiché implica importanti misure di manutenzione consecutive.

Perché amministrazioni e privati continuano ad applicarla? Difficile a dire. I comuni della Provincia di Viterbo hanno a disposizione, come documento integrativo del P.U.C.G. (Piano Urbanistico Generale Comunale), le “Linee Guida per la Redazione del Piano e del RegolamentoComunale del Verde Urbano”. Nel suo Allegato C, comma i, danno chiare indicazioni: “Questo tipo di intervento [la capitozzatura] può trovare giustificazione in ben pochi e determinati casi …, ben sapendo comunque che non risolve il problema di vitalità e di stabilità meccanica dell'albero, ma li differisce e li aggrava nel tempo.” Queste linee guida rappresentano uno strumento funzionale e propedeutico ai Comuni per la redazione dei Regolamenti del Verde – ai cittadini il compito di vigilare che siano integrate nei piani urbanistici dei vari comuni, in fase di redazione.

Oltre ad essere sbagliato, l’intervento al quale si riferiscono le foto è grave anche perché riguarda piante secolari del viale alberato “I Pioppi” a Capodimonte – di immenso valore culturale - di cui abbiamo già parlato (“Salviamo i Pioppi” e  "I Pioppi - le cure"). Dimostra una clamorosa insensibilità al significato storico e paesaggistico del viale e richiede una reazione dell’amministrazione, che può informare, dare l’esempio di buone pratiche, e infine sanzionare. Infatti, la suddetta legge, art. 7, comma 4 prevede: “Salvo che il fatto costituisca reato, per l'abbattimento o il danneggiamento di alberi monumentali si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 5.000 a euro 100.000.